Ontologia delle relazioni.

Secondo il McKinsey Global Institute la diffusione dei Big data e delle AI nella moderna società dell’informazione sta inducendo un cambiamento “ten times faster and at 300 times the scale, or roughly 3,000 times the impact” rispetto a quello indotto dalla rivoluzione industriale. Questo ci ricorda che quanto stiamo vivendo ha proprio nella velocità il suo carattere più inedito e dirompente. La velocità con cui la rivoluzione dell’informazione e il diffondersi delle intelligenze sintetiche stanno penetrando e permeando ogni aspetto delle nostre vite sembra impedire alla maggior parte di noi di comprendere a fondo il nostro ruolo in questo processo. Sembra quasi che velocità e complessità stiano inibendo in buona parte di noi la capacità di realizzare che il senso di quanto sta accadendo non si limita agli aspetti scientifici, socio-economici o ad una semplice variazione nelle dinamiche di potere ad essi connesse. Parliamo di un cambiamento che affonda le sue radici in qualcosa di più profondo rispetto a quanto accaduto nei due secoli passati con la rivoluzione industriale. Quanto abbiamo vissuto e stiamo vivendo in quest’ultimo ventennio ha un impatto antropologico e filosofico inedito e più radicale, al punto da assumere il carattere di un vero e proprio processo di ri-ontologizzazione. 

Un processo di ri-ontologizzazione non si limita, infatti, a configurare, costruire o strutturare un sistema in un modo nuovo, ma comporta una trasformazione fondamentale della sua natura intrinseca. In questo senso le ICT non si stanno limitando a riprogettare e ricostruire il nostro mondo: di fatto lo stanno riontologicizzando. [Floridi 2010] 

La quarta rivoluzione sta portando alla luce la natura intrinsecamente informazionale dell’uomo. A partire dagli anni cinquanta del secolo scorso (con una importante accelerazione negli ultimi 25 anni) l’informatica e le ICT hanno modificato non solo la nostra interazione con il mondo ma anche la comprensione di noi di stessi. Sotto molti profili questo nuovo modello di interazione ha gradualmente fatto emergere in maniera evidente il fatto che, in quanto essere umani, non siamo entità isolate quanto piuttosto organismi informazionali interconnessi, o inforg, che condividono con agenti biologici e artefatti ingegnerizzati un ambiente globale costruito in ultima analisi dalle informazioni, l’infosfera. Quest’ultima è l’ambiente informazionale costituito da tutti i processi, servizi ed entità informazionali che includono gli inforg così come le loro proprietà, interazioni e relazioni reciproche.[Floridi 2010]

Il perimetro dell’infosfera così come le proprietà collegate alle entità che la compongono sono il risultato delle interazioni e delle relazioni tra queste ultime in un orizzonte di possibilità. Le relazioni rappresentano pertanto non tanto la lente attraverso cui interpretare e comprendere il mondo in cui viviamo, quanto più la struttura stessa di questa realtà, la fitta trama di cui la realtà si compone.

Ma è la profonda convergenza multidisciplinare di questi ultimi anni attorno al tema delle relazioni a fornirci ulteriori elementi a supporto di questa nuova chiave interpretativa. Infatti, se da un lato, come detto, la cosiddetta quarta rivoluzione ha fatto emergere chiaramente il principio delle relazioni quale elemento chiave nei processi interpretativi della realtà in ambito filosofico, sociologico e antropologico, anche le scienze naturali, in particolare la fisica teorica,  sembrano convergere verso un modello interpretativo della realtà e degli elementi che la compongono basato su quella che potremmo definire come una ontologia delle relazioni, più adatta allo studio dei cosiddetti sistemi complessi e più vicina alle evidenze che emergono dallo studio della fisica quantistica [1].

L’indagine scientifica in questi campi, per potersi confrontare con un livello di complessità crescente, ha dovuto definitivamente mettere da parte le assunzioni di linearità nello studio dei sistemi dinamici e abbandonare un approccio riduzionista alla conoscenza. Il paradigma meccanicistico newtoniano, che ha dominato (e in parte continua ancora a dominare) la Weltanschauung occidentale moderna, parte dal presupposto che il reale sia composto da parti, oggetti osservabili ed analizzabili da un osservatore esterno al sistema osservato. Secondo tale visione, a sua volta, il mondo, in termini cartesiani, appare come strutturato dalla dialettica che si instaura tra un soggetto osservatore ed un oggetto osservato, tra mente (spirito) e materia. A questo tipo di paradigma si va contrapponendo, con il sostegno crescente della comunità scientifica, una visione organicistica anti-cartesiana, nella quale il soggetto osservante non è pensato come un elemento estraneo al sistema osservato ma come uno degli elementi all’interno dello stesso. Questa nuova prospettiva propone una visione per la quale le categorie di oggetto e soggetto di fatto vengono meno, lasciando spazio ad una soggettività intesa come interconnessione e non come separazione. 

Usciti dal paradigma della separazione delle parti e preso per buono il principio della connettività, il network e i sistemi reticolari complessi (composti anche da reti di reti) sembrano essere il solo modello capace di descrivere ed indagare i legami tra i singoli punti della connessione o, ancora meglio, di interpretare i singoli punti come parti di un tutto, in cui le proprietà del tutto e della parte non sono determinate da qualità incorporate in sé, nelle singole parti, ma emergono a partire dalle relazioni che intercorrono tra essi (e ad un livello inferiore, tra le parti che li compongono). Secondo Mark Buchanan, non a caso, la mappatura reticolare rappresenta attualmente il modello che spiega meglio il funzionamento della natura. Secondo il fisico, infatti, questo modello si rivela efficace anche per interpretare i mutamenti che avvengono a livello globale, per ciò che riguarda il funzionamento della società, del potere e dell’economia.

L’interconnessione, le correlazioni, le relazioni, pertanto, sono e saranno (ancora di più nel prossimo futuro) il fulcro attorno a cui ruoteranno modelli interpretativi della realtà sempre più completi, efficaci ed efficienti. Infatti, come affermato dal filosofo e fisico tedesco Meinard Kuhlmann: “sono le relazioni in cui si trovano le cose a essere importanti, non le cose stesse. I singoli oggetti non esistono se non nella loro relazione” [2].

Una ontologia delle relazioni, quella a cui fa riferimento Kuhlmann, capace di mostrare come, nell’era degli inforg e dell’infosfera, lo scontro tra i paradigmi dominanti, materialismo e idealismo, individualismo metodologico e collettivismo metodologico, al cui contrasto viene ancora oggi, anacronisticamente, ridotto qualsiasi dibattito, altro non sono che un mero paradosso ontologico, ombre del passato proiettate sulle pareti della caverna, il retaggio di un paradigma superato da cui abbiamo il dovere di separarci al più presto per essere in grado di cogliere le  sfide e le opportunità che la crescente complessità del mondo in cui viviamo ci pone di fronte.

L’introduzione di una ontologia delle relazioni, anche in ambito economico e finanziario, non può che rappresentare una sfida da accogliere con grande entusiasmo, in uno dei campi di ricerca più interessanti e di frontiera, che già oggi si sta dimostrando foriero di grandi opportunità di crescita e di sviluppo. A partire dal nuovo paradigma sarà possibile generare nuove progettualità finalizzate al rilascio di servizi e prodotti che non si limitino a tradurre quelli tradizionali attraverso l’ausilio delle più moderne tecnologie ICT [3], ma che rappresentino una vera e propria innovazione rispetto al passato prima di tutto in termini di approccio ai problemi.

Un tale cambio di paradigma comporta inevitabilmente una radicale cesura con il passato, implicando una modifica profonda non solo in termini di approccio interpretativo, operativo e di intervento ma anche in termini di weltanschauung, prima di tutto da parte degli operatori del settore; il passaggio da una prospettiva diadica delle relazioni (umane, economiche e finanziarie), in cui i singoli soggetti sono gli oggetti di una analisi e di soluzioni che li vede avulsi e isolati dall’insieme, ad una prospettiva di network, implica la necessità di interpretare le relazioni di mercato non più come la semplice sommatoria di scambi bilaterali chiusi, ma come un reticolo, come un flusso relazioni aperte: non come la semplice sommatoria di singoli eventi isolati bensì come uno svolgimento. Lo studio puntuale degli effetti di questo cambio di approccio sul nostro sistema economico potrebbe offrire, come già sta accadendo, tutta una serie di evidenze controintuitive rispetto al tradizionale modo di pensare al mercato, alla finanza, al credito, alle aziende…etc. Al punto che potrebbe non essere improbabile, ad esempio, che un sistema finanziario fondato sullo studio delle relazioni potrebbe gradualmente far emergere una serie di prodotti e servizi in cui le dinamiche collaborative, supportate dal nuovo approccio interpretativo e dalle nuove tecnologie, potrebbero in breve tempo dimostrarsi più efficienti e efficaci delle dinamiche competitive nel garantire stabilità al mercato, elevati livelli di crescita, riduzione dei rischi sistemici e un maggior livello di resilienza tanto a livello globale, a livello locale, proprio per la maggiore capacità del nuovo approccio e degli strumenti di network analisi di leggere la complessità crescente del mondo in cui viviamo.

Le dinamiche di rete insite in questi modelli collaborativi saranno ben lontani dalla rigidità dei contratti di rete, delle filiere o dei distretti produttivi per come li conosciamo oggi, bensì contribuiranno alla creazione di un nuovo modello di reti antifragili che potremmo anche definire oloniche. 

Nella fattispecie, il termine olonico [4] è da intendersi come un “insieme di cellule che agiscono in modo autonomo, pur essendo orientate al raggiungimento di un obiettivo condiviso di ordine superiore” . In questa ottica è lecito, e per certi versi auspicabile,   pensare che anche i mercati, in futuro, possano essere interpretati e agiti come reti di tipo olonico, le quali saranno in grado di esprimere livelli più elevati di creatività, rapidità e flessibilità dimostrandosi più adatte a convivere con i repentini mutamenti dell’ambiente economico e con la necessità di produrre costantemente innovazione.

La diretta conseguenza di tutto questo, come affermato da A. Chandler già nel 1990 nel suo saggio “Scale and scope”: the dynamics of industrial capitalism” (Balknop Press, Cambridge 1990), è che la “cooperazione tra imprese (…) rappresenterà nel prossimo futuro uno dei più fruttuosi e possibili percorsi di sviluppo del capitalismo moderno” e che il focus sulle reti e le susseguenti modificazioni del sistema relazionale tra le singole imprese finirà inevitabilmente per modificare in maniera profonda la loro governance e il loro comportamento sul mercato, ridefinendone settori e filiere, rimodellandone i confini e riscrivendone le regole, finendo così per modificare, in una relazione circolare, il mercato stesso in cui operano, rafforzando la loro capacità di generare quelli che in teoria dei giochi vengono definiti giochi a somma positiva e ponendo in tal modo le basi un ulteriore cambiamento: il passaggio dal do ut des al do ut possis dare.

Tale approccio potrebbe favorire la nascita di quello che potremmo definire, nell’accezione del filosofo Tagliagambe, come spazio intermedio, un iperluogo in cui mercato autoregolato e programmazione economica si incontrano, supportati dalle tecnologie emergenti, per ridisegnare in un’ottica di rete il sistema economico finanziario in cui viviamo ed operiamo. Un approccio che, attraverso l’analisi massiva di dati, la loro elaborazione descrittiva, prescrittiva e predittiva in real time e loro condivisione in un’ottica di simmetria informativa, potrebbe mostrarsi capace di riallineare piano economico e piano finanziario, macromondo e micromondo, mercato globale e mercati locali, produzione e finanza, crescita e sostenibilità attraverso la creazione di network economici data driven e antifragili.

 

 

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[1]È ragionevole pensare che la fisica delle particelle si occupi di particelle, e molti immaginano piccole palle da biliardo che carambolano nello spazio. Il concetto di «particella», però, viene meno se lo si esamina più da vicino. Molti fisici ritengono che le particelle non siano oggetti, ma eccitazioni di un campo quantistico, il successore moderno dei campi classici come il campo magnetico. Ma anche i campi generano paradossi. Se particelle e campi non sono fondamentali, che cosa lo è? Alcuni ricercatori pensano che il mondo, al livello più basso, non sia formato da oggetti materiali, ma da relazioni (…)” [Cosa è Reale? – Le Scienze – Meinard Kuhlmann – 2013]

[2] Secondo quanto enunciato da quella corrente di pensiero detta realismo strutturale epistemico, mentre sull’esistenza delle cose non possiamo che essere agnostici, sull’esistenza delle loro proprietà e delle relazioni che intrattengono abbiamo  invece conoscenza. Perciò  il compito della scienza è quello di indagare esclusivamente ciò che possiamo effettivamente conoscere, ovvero le relazioni. Ma qual è la ragione per cui possiamo conoscere solo le relazioni fra le cose e non le cose stesse? “La risposta più semplice” – dice Kuhlmann – “è che non esiste altro che le relazioni”. Questo salto fa del realismo strutturale un approccio più radicale, detto realismo strutturale ontico. “Le innumerevoli simmetrie della fisica aggiungono credibilità al realismo strutturale ontico. Sia nella meccanica quantistica sia nella teoria della gravità einsteiniana certi cambiamenti di configurazione del mondo, noti come trasformazioni di simmetria, non hanno conseguenze empiriche. Queste trasformazioni scambiano i singoli oggetti che compongono il mondo ma lasciano immutate le loro relazioni. Consideriamo per analogia un viso simmetrico. Uno specchio scambia tra loro l’occhio destro e quello sinistro, la narice destra e quella sinistra e così via. Eppure le posizioni relative di tutti i tratti del viso rimangono identiche. Sono queste relazioni che definiscono un volto, mentre etichette come «sinistra» e «destra» dipendono dal punto di vista.”.

[3] Buona parte dei nuovi strumenti fintech disponibili sul mercato si sono limitati ad utilizzare le tecnologie per automatizzare o disintermediare e per rendere più efficienti, economici, rapidi, convenienti dei processi esistenti. Pochissimi hanno utilizzato le nuove tecnologie per applicare a vecchi problemi delle soluzioni del tutto nuove in termini di approccio e visione rispetto a quelle tradizionali, limitandosi a variare la forma ma non la sostanza

[4] Il filosofo ungherese Arthur Koestler definisce un Olone, in quanto sottosistema, “come elemento (composto e componente) di una rete di relazioni sistemiche orizzontali (con oloni dello stesso livello) che può essere denominata rete olonica. Le reti oloniche sono unità concettuali, sistemi orizzontali o a reticolo, i cui nodi sono oloni tra loro connessi che trovano significato nelle loro interazioni orizzontali rilevanti per formare un tutto. Difatti il termine olone, dal greco “olon” ossia tutto, è da intendersi come un insieme di cellule che agiscono in modo autonomo, pur essendo orientate al raggiungimento di un obiettivo condiviso di ordine superiore”. (The Ghost in the Machine, Arthur Koestler, 1967).